Bruno Munari è un personaggio talmente eclettico che è difficile ricostruirne un profilo. Forse è anche per questo che, a 20 anni dalla sua morte, la sua popolarità è per lo più confinata agli “addetti ai lavori”. La vastità del suo lavoro non aiuta. Era un designer? Certo che sì. E’ tra i padri del design italiano. Era un’artista? Naturalmente. Pittura o scultura? Entrambe, più un sacco di sperimentazioni con supporti e materiali diversissimi. Era uno scrittore? Anche, e molto bravo a raccontare che cosa sia la creatività e come realizzare un progetto.
Se pensi che abbia finito con le etichette di Bruno Munari, ti sbagli. All’appello manca: pedagogo, pubblicitario, grafico, illustratore, teorico della progettazione, inventore, insegnante. Tutto questo per dirti che è difficile stargli dietro nelle mille sfaccettature della sua carriera. Pablo Picasso è quello che forse lo ha definito meglio: un Leonardo da Vinci contemporaneo.
La prima volta che ho scoperto chi fosse (molto tardi, lo ammetto) sono rimasto affascinato da questo signore pacato, composto, sempre vestito in modo inappuntabile (almeno nelle foto e nei video che ho trovato), con un senso dell’umorismo surreale e uno spirito di osservazione fuori dal comune. Un uomo che giocava con gli opposti e con l’arte, attraverso un brillante senso dell’ironia e una grande curiosità. Era, inoltre, uno straordinario progettista capace di dar vita a un flusso ininterrotto di idee innovative.
Da Milano a Badia Polesine, e ritorno
Bruno Munari nasce a Milano il 24 ottobre 1907. Il padre è capocameriere al Gambrinus, uno dei ristoranti preferiti dall’elite milanese dell’epoca. Dopo qualche anno, il padre decide però di trasferirsi con la famiglia a Badia Polesine per gestire un albergo. A 6 anni, Bruno Munari si ritrova circondato dalla natura della campagna veneta, nei pressi di Rovigo. Immagino che sia qui che inizia a sviluppare il suo straordinario senso dell’osservazione. A Badia Polesine trascorre tutta l’infanzia e buona parte dell’adolescenza, per fare poi ritorno a Milano nel 1926. Segue lo zio che lo impiega come grafico nel suo studio.
La Milano di quegli anni è un grande centro culturale e artistico. In meno di un anno, Bruno Munari riesce a conoscere di persona Marinetti e gli altri protagonisti del Futurismo. Con loro inizia a esporre i propri quadri, realizzati da autodidatta. E’ l’inizio di una grande carriera, che gli permette di incontrare e confrontarsi con numerosi artisti e creativi.
Nel 1929 si mette in proprio. Apre il suo studio di grafica, in società con Riccardo Castagnedi, diventando anche responsabile delle campagne pubblicitarie per Campari. Qualche anno più tardi, nel 1938, ottiene un impiego nella casa editrice Mondadori.
Nel frattempo, diventa celebre con la serie delle Macchine Inutili (1933), ispirate ai ricordi di infanzia (un’altalena, un mulino, una caramella, e così via). Lui stesso le descrive così:
[…] inutili perché non fabbricano, non eliminano manodopera, non fanno economizzare tempo e denaro, non producono niente di commerciabile.
Non sono altro che oggetti mobili colorati, appositamente studiati per ottenere quella determinata varietà di accostamenti, di movimenti, di forme e di colori. Oggetti da guardare come si guarda un complesso mobile di nubi dopo essere stati sette ore nell’interno di un’officina di macchine utili.
La “seconda parte” della carriera di Munari
In realtà, non esiste nessuna seconda parte di carriera. Munari, nel corso di tutta la vita, ha instancabilmente prodotto arte e design, attraversando correnti e anticipando tendenze. E’ tra gli intellettuali meno “incasellabili” in una definizione. Inoltre, ha collaborato con artisti, designer, editori, dando vita a una mole enorme di progetti. Come dicevo all’inizio, è difficile stare dietro a un genio così iperattivo. In questo post sto solo cercando di fissare delle tappe in una biografia molto complessa.
A cavallo della seconda guerra mondiale nasce il figlio Alberto. Inizia così a scrivere libri per bambini. Nei decenni successivi, Bruno Munari si cimenta anche anche nella progettazione di giochi per sviluppare la creatività e di un vero e proprio metodo pedagogico. Un’attività che riprende e amplifica il contributo di Maria Montessori. Ne riparliamo tra poco.
A partire dagli anni Sessanta, diventa uno dei protagonisti del dibattito che si sta creando attorno alla progettazione industriale. Il suo parere mi permetto di riassumerlo così: un oggetto deve essere utile ed etico. Deve risolvere un problema, insomma, senza però rinunciare a essere bello.
Come analizzare un problema e che cos’è la buona progettazione.
Riceve più volte il Premio Compasso d’oro. Alcuni sui progetti sono diventati dei veri e propri oggetti di culto, come l’Abitacolo. Un’innovativa struttura componibile, leggera (solo 65 chili) e facile da montare, realizzata con tondini di acciaio. E poi, non posso non citare la lampada Falkland, dove sette anelli di metallo danno la forma a una maglia elastica tubolare.
Non ci deve essere un’arte staccata dalla vita: cose belle da guardare e cose brutte da usare.
– Bruno Munari –
Negli anni Ottanta, tra le mille altre cose, si dedica anche alla scultura e alle installazioni in acciaio. Non perde il gusto per l’ironia (nel 1958 aveva creato la “scultura da viaggio”, un pieghevole per ricreare un ambiente familiare quando si deve pernottare in albergo) e presenta gli Oli su tela, una serie di quadri creati sgocciolando oli vegetali sulle tele. Espone nei musei, organizza progetti editoriali, scrive, interviene in dibattiti e lezioni fino alla metà degli anni Novanta. Muore a Milano il 29 settembre 1998.
Bruno Munari Zen
Munari visita più volte il Giappone, alla scoperta di una cultura che sente affine al suo modo di intendere l’arte e la progettazione. Ammira l’attenzione per la qualità e la cura dei dettagli in cui credono le aziende del Sol Levante. Resta anche affascinato dalla case tradizionali giapponesi e dalla filosofia Zen, i cui principi riecheggiano spesso nei suoi libri dove affronta un’ampia varietà di temi. Giusto per darti un’idea sommaria: creatività e fantasia, design industriale, principi di progettazione, rapporto tra arte e comunicazione, la differenza tra il designer e l’artista, l’educazione dei bambini alla scoperta e molto altro ancora.
Bruno Munari e i bambini
Bruno Munari ha un rapporto speciale con i bambini e con il mondo dell’infanzia. Rappresentano la curiosità di scoprire cose nuove e di condividerle con gli altri. Ovvero, quell’atteggiamento di apertura che tendiamo a dimenticare mentre invecchiamo. I bambini, inoltre, sono gli adulti di domani. Sembra la solita frase fatta, ma Munari ci crede veramente. Educarli alla creatività significa costruire una società migliore, libera da stereotipi e che offra a tutti la possibilità di realizzare il proprio potenziale.
Siccome è quasi impossibile modificare il pensiero di un adulto, noi dovremo occuparci dei bambini.
– Bruno Munari –
Come abbiamo visto, Munari a partire dagli anni Quaranta inizia a scrivere libri per l’infanzia. Progetta anche giocattoli, come la “scimmietta Zizì” in gommapiuma, e i famosi Libri Illeggibili. Libri, cioè, dove l’attenzione è sull’oggetto e non sul contenuto del libro. Sono libri da toccare e vedere, interagendo con colori, texture e formati originali. L’oggetto stesso diventa contenuto, e presto anche un giocattolo per i bambini: i Prelibri. Di piccole dimensioni, ricchi di immagini e di elementi tattili che non seguono una struttura rigida, permettono al bambino di assistere a una storia diversa a seconda di come manipola il libro. Per Munari l’apprendimento non deve essere passivo, né tantomeno uguale per tutti. Ognuno, guidato dalla proprio curiosità, può avvicinarsi al mondo attraverso prove e sperimentazioni.
Su questi concetti, nel 1977 fonda il primo laboratorio per bambini negli spazi della Pinacoteca di Brera a Milano. Da qui, arriva anche a formulare un Metodo pedagogico, fondato sulla sperimentazione diretta e sullo stimolo della curiosità dei bambini. Gli adulti non devono insegnare niente, ma limitarsi a intervenire il meno possibile per suggerire degli stimoli multisensoriali che il bambino è in grado di rielaborare da solo. Va preservata la spontaneità, in un apprendimento che deve essere piacevole e non imposto.
C’è sempre qualche vecchia signora che affronta i bambini facendo delle smorfie da far paura e dicendo delle stupidaggini con un linguaggio informale pieno di ciccì e di coccò e di piciupaciù. Di solito i bambini guardano con molta severità queste persone che sono invecchiate invano; non capiscono cosa vogliono e tornano ai loro giochi, giochi semplici e molto seri.
– Bruno Munari –
La filosofia del Metodo Munari è espressa molto bene da un detto, che lui citava spesso, attribuito a Confucio.
Se ascolto dimentico, se vedo ricordo, se faccio capisco.
– Confucio –
Bruno Munari e la creatività (e tutto il resto)
Fantasia è uno dei libri più interessanti che si possono leggere sulla creatività. Pubblicato nel 1977, è un piccolo capolavoro ricco di spunti di riflessione. Bruno Munari distingue tra fantasia, invenzione, creatività e immaginazione. Poi, le mette in relazione con l’intelligenza e l’apprendimento, portando al lettore tutta una serie di esempi illuminanti.
Le 4 facoltà, in sintesi, le descrive così:
- Fantasia: permette di pensare a tutto ciò che non esiste, anche assurdo e irrealizzabile
- Invenzione: è la realizzazione di qualcosa che prima non c’era ma solo per uno scopo pratico, senza porsi problemi estetici
- Creatività: combina fantasia e invenzione per produrre qualcosa di funzionante e realizzabile (cioè un’applicazione concreta della fantasia)
- Immaginazione: permette di immaginare, appunto, quello che la fantasia, l’invenzione e la creatività producono
Ognuna di queste 4 facoltà interagisce con le altre. Più si riescono a stabilire relazioni tra quello che si conosce e la fantasia, e più si riuscirà a creare qualcosa di davvero creativo. Qui giocano un ruolo fondamentale la memoria (per immagazzinare “pezzi” di realtà”) e l’intelligenza (curiosità e apertura verso la realtà). Sentiamo cosa dice Bruno Munari a proposito del libro Fantasia.
Bruno Munari: unire il caso con la regola
Tutta la sua infinita produzione, da quello che ha creato fino a quello che ha scritto, rivela un grande talento nel giocare con gli opposti, nel ribaltare le regole per vedere cosa se ne può ricavare. Ama spiazzare ed essere spiazzato. In fondo, Bruno Munari non ha mai smesso di giocare con gli oggetti. E’ rimasto bambino anche da grande, guardano il mondo con occhi sempre nuovi.
Come dice lui stesso in un’intervista, ha unito il caso con la regola. Ha usato i limiti e il “questo si fa così” per trasformarli nel loro opposto, mosso da una razionalità artistica (il rigore del progetto con il gusto del bello e del fantasioso). E’ lui a parlarci dell’uso del vietato, inteso come superamento delle convenzioni progettuali, sfidandole attraverso dei paradossi e un’ironia intelligente. Ha unito l’arte alla tecnica, la produzione industriale alla creatività.
Bruno Munari prende molto sul serio la progettazione di qualcosa di utile e di etico, sdrammatizzando però la cultura “alta” e il ruolo stesso del creativo nella società. Quando riceve l’onorificenza di Cavaliere della Repubblica, si sdebita inviando al Quirinale un progetto grafico per rendere più bello il diploma. Oppure, a proposito delle aspirazioni di artisti e designer:
Il sogno dell’artista è comunque quello di arrivare al Museo, mentre il sogno del designer è quello di arrivare ai mercati rionali.
– Bruno Munari –
Come ci insegnano i suoi libri-giocattolo, l’utilizzatore finale deve essere libero di modificare quello che riceve, di interagire per ricavarne il senso che ritiene più utile. Non è il tipo di progettista che sale in cattedra e dirige a bacchetta chi riceve l’opera. Lo vuole stupire in modo intelligente, con semplicità, regalando un’esperienza ricca e stimolante.
Complicare è facile, semplificare è difficile. Per complicare basta aggiungere tutto quello che si vuole, colori, forme, azioni, decorazioni, personaggi, ambienti pieni di cose… La semplificazione è il segno dell’intelligenza.
– Bruno Munari –
Cosa resta di Bruno Munari
Davanti a un talento così poliedrico è difficile stabilire quanto abbia influenzato l’arte, la cultura e il design. Tanto, questo è sicuro. Ma tanto quanto? Paragonarlo a Leonardo Da Vinci non è soltanto un modo di dire. Più volte è stato anche definito come “artista totale”.
Ecco 3 risorse per conoscere meglio chi era Bruno Munari.
1) La puntata di Lezioni di design (RAI) dedicata a Bruno Munari, condotta da Ugo Gregoretti.
2) La biografia estesa a cura della Treccani.
3) MunArt, progetto-monumento web che raccoglie materiali, interviste, estratti, approfondimenti, foto, video e qualunque altra testimonianza del genio di Bruno Munari.
Photo credit immagine di copertina: sull’onda dell’ispirazione, mi sono permesso di fare una cosa io. Se è brutta, la tolgo.
Articolo molto interessante! Complimenti!
ps: i complimenti sono anche per l’immagine di copertina 🙂
Ciao Tina, grazie mille per il tuo commento!
Scusa il ritardo con cui ti rispondo, ma sono davvero contento che ti sia piaciuto il mio omaggio a Bruno Munari, immagine compresa 🙂
Hi Alessandro,
Thanks for writing this article and introduce Munari comprehensively. Could I ask do you know when and where did Munari say his design method is ‘play with art’? Thank you!
Hi Yang!
Thank you too, I’m very pleased to read your comment! I’m not sure about your question, but I can say that Munari wrote several books titled “Play with Art”, where he explained his creative method to children’s development.
Gentile Alessandro Milani, cercando cose su Bruno Munari ho intercettato questo suo minisaggio sul Grande Designer con il quale ho collaborato circa venti anni partendo dallo Studio / Cineteca di Monte Olimpino nell’ambito dell’attività, quasi sconosciuta, che Bruno svolgeva con Marcello Piccardo, per il Cinema Sperimentale e di Ricerca.
Il suo scritto mi ha fatto ripercorrere alcuni momenti della collaborazione con il “Neo Leonardo Da Vinci”.
Un cordiale saluto
Roberto Villa
Gentile Roberto Villa, grazie mille, il suo commento mi fa molto piacere.
Ho una grande ammirazione per Bruno Munari e sono contento che lei, avendo avuto anche la fortuna di conoscerlo, abbia apprezzato il mio articolo.
La saluto con cordialità