Imparare a disimparare: fare spazio alla curiosità

Imparare a disimparare. Può sembrare una contraddizione, ma queste tre parole ci dicono una cosa importante: si può imparare qualcosa di nuovo disimparando quello che non è più utile, mettendolo in discussione. In un mondo dove tutto cambia a velocità supersonica, la sfida è restare sempre sul pezzo. Per farlo, bisogna riorganizzare il modo di avvicinarsi alla conoscenza, mettendo da parte il superfluo che può diventare un ostacolo.

Ora mi spiego meglio.

E’ come prendere un tè

Siamo in Giappone, oltre cent’anni fa. Il Maestro Nan-in riceve la visita di un professore universitario che vuole scoprire che cosa sia lo Zen. Nan-in ascolta con attenzione la domanda e fa accomodare il professore in casa. Poi, con calma, serve il tè. Inizia a versarlo e, quando la tazza è colma, continua senza scomporsi. Dalla tazza sta fuoriuscendo il tè eppure Nan-in sembra non accorgersene.

Il professore assiste alla scena piuttosto perplesso (qualcosa come “Che il Maestro si sia un pò rimbambito?”). Si trattiene per qualche secondo e poi sbotta con un certo imbarazzo: “Guardi che la tazza è piena!”. Scambio di sguardi. “Come questa tazza”, dice Nan-in, “lei è ricolmo delle sue opinioni e di molte congetture. Come posso spiegarle lo Zen se prima non svuota la mente?”.

Ecco, quel professore era mio nonno… ok, bugia. Ho ripreso e adattato questa questa storia dal bellissimo libro “101 storie Zen”, a cura di Nyogen Senzaki e Paul Reps (in Italia edito da Adelphi).

Imparare a disimparare

Nel corso della nostra vita abbiamo immagazzinato molte informazioni: opinioni, punti di vista, pregiudizi, metodi, esperienze buone e cattive. Ci portiamo sempre dietro questo bagaglio, che può diventare ingombrante e ostacolare la creatività. Zavorrati come sherpa che salgono sul K2, rischiamo di guardare con occhi “vecchi” qualcosa di completamente nuovo. Si fatica ad ammetterlo, ma anche l’oggetto più prezioso nel tempo può diventare una cianfrusaglia che ti complica la vita.

Nella tua professione, ma anche nella vita di tutti i giorni, avrai notato che mai come oggi vale il concetto “niente è per sempre”. E’ necessario aggiornarsi, e mettersi in discussione, per non rimanere indietro. Ti suonerà familiare il consiglio “non smettere di studiare finite le scuole”, giusto?

Gli analfabeti del futuro non saranno quelli che non sanno leggere o scrivere, ma quelli che non sanno imparare, disimparare, e imparare di nuovo.

– Alvin Toffler –

Anche le idee invecchiano, e spesso hanno bisogno di essere aggiornate rispetto ai tempi e alle circostanze. Disimparare significa metterle da parte per fare spazio a qualcosa di più utile. In altre parole, significa essere disponibili a dialogare con nuove conoscenze e a farle proprie (se ti convicono, naturalmente).

Occorre però prendere qualche accorgimento. Siamo, infatti, tutti un po’ fissati a proposito dell’abilità di “imparare a imparare” cose nuove, finendo col favorire la quantità di informazioni a discapito della qualità. Serve a poco fagocitare la conoscenza. Spacconate come leggere 100 libri all’anno, giusto per avere qualcosa di cui vantarsi in pizzeria con gli amici, non hanno senso. Un cervello efficace non è quello che assorbe vagonate di dati. Dipende, invece, da quello che ci riesce a fare.

Non è scontato interpretare le informazioni, metterle insieme in modo creativo e analizzarle in modo critico. Di più non significa sempre meglio: devi saper scegliere quello che ti serve (e poi capire, e ricordare, quello che hai imparato).

Imparare a camminare sulle sabbie mobili

Mentre sto scrivendo questo post mi arriva la notizia della morte di Zygmunt Bauman, uno studioso che ha speso molti anni a decifrare l’essenza mutevole della modernità. Proprio il grande filosofo polacco ha teorizzato la “vita liquida”, riferendosi alla nostra società postmoderna difficile da definire e in continua evoluzione. Tutto cambia e anche il sapere diventa fluido, invecchiando velocemente e trasformandosi in qualcosa che sembra contrastare con quello che era valido soltanto poco tempo prima.

La capacità di disimparare assomiglia quindi a “imparare a camminare sulle sabbie mobili”, per citare proprio Bauman, in assenza di punti di riferimento permanenti. Per non sprofondare, serve saper rinnovare le proprie conoscenze e allargarle a porzioni di realtà sempre più distanti. Soltanto così è possibile dare un senso, e una direzione, alla complessità in cui siamo immersi.

Le conoscenze specifiche, iper settoriali e legate a situazioni momentanee, sono destinate a trasformarsi in zavorre mentali. Alcuni pre-giudizi (è così/si è fatto sempre così) ti escludono dai cambiamenti del mondo che ti circonda, impedendoti di osservarli con spirito critico. Diventare esperti del proprio settore è importante, ma la creatività e l’innovazione hanno anche bisogno di muoversi su piani diversi per arrivare a una nuova sintesi.

Disimparare non significa dimenticare

Non puoi cancellare quello che hai già imparato o le esperienze che hai vissuto. Anzi, tutto questo bagaglio, soprattutto se è molto vario, rappresenta una risorsa importante per trovare soluzioni creative. Disimparare non significa dimenticare. Niente nasce da zero. Si tratta di continuare ad aggiungere elementi nuovi, modificare quelli vecchi e stabilire nuove connessioni.

Pietrificare la conoscenza, oppure chiuderla in ambiti ristretti e separati, è una facile tentazione quando sembra che tutto si stia trasformando in una rincorsa continua verso la novità. Richiede impegno alimentare il ciclo imparare-disimparare (e ci vuole anche coraggio a mettersi in discussione). Il più delle volte, però, il vero ostacolo è l’atteggiamento con cui ci si avvicina alla conoscenza. Disimparare, per poi imparare, diventa faticoso soprattutto se non si è spinti da una profonda e spontanea fame di sapere.

Nasciamo tutti curiosi, desiderosi di imparare e di sperimentare. Poi, spesso, ci pensa l’Istruzione a sistemare tutto e a farci cambiare idea. Il sapere diventa una prestazione da eseguire, un risultato che non ci coinvolge ma che deve essere raggiunto, un insieme di concetti a cui bisogna conformarsi per ottenere la stima degli insegnanti e degli adulti.

Raccogliamo così tutta una serie di esperienze frustranti che non vorremmo mai più rivivere finita la scuola. Eppure, puoi farne tesoro. Quando la tua formazione “scolastica” è finita, e hai capito dove ha fallito con te, puoi scegliere cosa imparare e come farlo.

Alcuni semplici trucchi per disimparare

Ok, è importante imparare a disimparare. Ma da dove si inizia? E’ più facile di quello che credi. Inizia a confrontarti con persone con una formazione diversa dalla tua, fai domande (e ascolta sul serio le risposte), frequenta ambienti che ti sono poco familiari, dedicati a tipi di letture o ad hobby che non hai mai preso in considerazione. Inizia a fare le cose che fai da sempre in modo diverso, seguendo un nuovo metodo.

Niente di stravolgente, giusto? Eppure la pigrizia è sempre dietro l’angolo. A volte basta cambiare piccole abitudini per vedere le cose da un punto di vista differente. Il segreto è la curiosità. Come dicono i guru, devi uscire dalla tua zona di comfort. Datti una mossa, avrebbe detto mio nonno.

Photo credit: Unsplash.

Imparare a disimparare: fare spazio alla curiosità ultima modifica: 2017-01-10T15:48:45+00:00 da Alessandro Milani

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