Dire che bisogna imparare a imparare è un ottimo consiglio in tempi dove niente sembra per sempre. Ed è difficile sostenere il contrario. Siamo incalzati da novità, la vita e il lavoro cambiano in fretta e quello che hai studiato invecchia velocemente. La creatività e l’innovazione hanno poi bisogno di essere costantemente alimentate da nuove informazioni. L’apprendimento, non si discute, è fondamentale e porta con sé un enorme potenziale di cambiamento.
Come tutte le frasi che suonano bene in poche parole, può però diventare uno slogan fine a se stesso. Bisogna apprendere ad apprendere… grazie, corretto, ma anche generico. Per farti un parallelo, una volta che ti hanno detto che fare attività fisica fa bene, ne sai (quasi) tanto come prima. Quando sei allo specchio, la tua pancetta è ancora lì che ti saluta.
Imparare a imparare di più
Siamo bombardati da libri-siti-pubblicità su metodi e tecniche per aumentare le capacità di apprendimento, ed è facile capirne il motivo. In un mondo dove i dati crescono a ritmi feroci, dove le breaking news martellano incessanti, dove lo streaming dei social è inarrestabile, bisogna essere attrezzati per non rimanere travolti.
Siamo tutti interessati a conoscere dei metodi per acquisire più informazioni in meno tempo. E’ un abilità che ci fa maledettamente comodo, soprattutto quando ci rendiamo conto che il tempo a nostra disposizione è scarso.
Metodi per leggere un libro in 1 ora, app che sintetizzano tomi da 300 pagine, audiolibri da ascoltare al doppio della velocità, tutti stratagemmi per guadagnare tempo. Il mio consiglio è questo: provali e scoprirai che funzionano (!).
Tutto bene, quindi? Non proprio. Nel medio periodo ti ricorderai ben poco di quello che hai acquisito in questo modo. Potrai vantarti di aver letto 100 libri in un anno, ma il primo che ti farà una domanda che gratta leggermente sotto la superficie ti coglierà impreparato. Avrai ricordi vaghi e confusi.
E’ meglio essere ignoranti in una cosa piuttosto che apprenderla male.
– Publilio Siro –
Nel momento in cui ti trovi un libro già condensato in 2 paginette, o che lo leggi velocemente a “salti”, perdi tutto il contesto che regala profondità e sfumature ai contenuti. Leggere fa bene, ma in questo mondo ti serve a poco.
Diventa un fatto di statistiche e record personali. Niente di male, ma non coincidono con il “sapere”. Tante informazioni a disposizione nel tuo cervello non significano conoscenza, e nemmeno maggiore creatività. Rischi di avere la testa piena di titoli e concetti di cui non riesci a fartene un granchè.
Imparare a imparare meglio
Non sto dicendo che le tecniche per migliorare l’apprendimento siano tutte da buttare. Qualunque processo, anche lo studio, può essere migliorato. Fai però attenzione alle formule miracolose e al motivo per cui le stai applicando. Soprattutto, evita di fagocitare informazioni solo per
- una sciocca dimostrazione di forza “mentale” (100 libri all’anno o quelle robe di cui ti vanti a cena con gli amici),
- ansia da prestazione (quando vuoi sapere tutto per la paura di perderti qualcosa).
Un apprendimento di qualità, quello che ti porta conoscenza e crescita personale, ha bisogno di tempi lunghi di riflessione e rielaborazione.
Il sovraccarico cognitivo è una brutta bestia. Troppe informazioni ingolfano il cervello, nel senso letterale del termine. Tra i primi a parlare di information overload è stato lo scrittore americano Alvin Toffler nel suo saggio Future Shock del 1970 (una raccolta di previsioni più o meno avverate).
La scienza nei decenni successivi ha indagato a fondo cosa succede con le abbuffate di informazioni. Superata una certa soglia, soggettiva ma comunque limitata, perdiamo efficacia (diventiamo “ubriachi”) e iniziamo a non ricordare quello che stiamo imparando. Il nostro cervello è davvero abile nel salvarci da noi stessi.
Una mente efficace non è quella che assorbe vagonate di dati. E’ quella, piuttosto, che riesce a connetterli in concetti utili e creativi. C’è è una bella differenza tra decodificare le informazioni e saperle interpretare e analizzare.
Tu puoi conoscere il nome di un uccello in tutte le lingue del mondo, e quando avrai finito, non saprai assolutamente nulla per quanto riguarda quell’uccello… Allora guardiamo l’uccello e vediamo cosa sta facendo – questo è ciò che conta. Ho imparato molto presto la differenza tra il conoscere il nome di qualcosa e conoscere quel qualcosa.
– Richard Phillips Feynman –
Attenzione al multitasking
Quando imparare a imparare si abbina al mutitasking, magari per ottimizzare la tua fitta agenda di impegni, puoi pure andare a farti una passeggiata invece di perdere tempo coi libri. A qualcosa devi rinunciare.
Russ Poldrack, neuroscienziato a Stanford, sostiene che acquisire informazioni mentre si fa dell’altro ha il risultato di indirizzarle nella parte sbagliata del cervello. Se stai studiando e guardando la TV, ad esempio, quello che leggi finisce in una regione dedicata a memorizzare abilità specifiche, non idee e concetti astratti. Questo renderà molto più complicato recuperare queste informazioni in un secondo momento, perchè di solito (studiando senza TV) finiscono nell’ippocampo.
Sempre dalla Stanford University, arriva uno studio sul “costo mentale” del multitasking in termini di produttività ed efficacia. Come era prevedibile, si assiste a un calo della qualità dei compiti svolti contemporaneamente. Il cervello può fare più cose nello stesso momento, ma riesce meglio a farne una alla volta.
Anche chi ritiene di essere bravo a destreggiarsi, in realtà si autoinganna, come dimostrato da Daniel J. Levitin della McGill University di Montreal. Prendere molte piccole decisioni insignificanti, ad esempio ogni volta che ci interrompiamo a leggere una email, aumenta il nostro livello di stress e brucia le energie. Se da una parte ci sentiamo soddisfatti perché abbiamo completato un’attività (anche se piccola), dall’altra riduciamo la nostra efficacia nel prendere decisioni importanti. Perdiamo tempo, commettiamo errori di valutazione banali e finiamo la giornata esausti.
Imparare a imparare: focalizzarsi
La qualità è importante. Meglio un libro letto con attenzione, o addirittura riletto una seconda volta, che 10 titoli passati a velocità supersonica. Così come ottimizzare i tempi è una cosa, mentre sovrapporre attività a casaccio è un’altra.
Se è vero che le performance di studio possono essere migliorate, è anche vero che bisogna capire cosa farne dell’apprendimento. Concepirlo come una sfida di efficienza allontana la creatività e la vera conoscenza. E’ come stabilire il record di mangiare una pizza in 32 secondi. Può essere cool, ma non ha niente a che vedere con l’appetito.
E’ necessario focalizzarsi e scegliere come alimentare il pensiero. Per farlo, ci sono 3 domande semplici a cui dovresti rispondere:
- cosa vuoi imparare? (scegli, non tutto quello che ti passa sotto gli occhi)
- perché ti serve imparare quella cosa? (quale beneficio puoi ricavarne)
- quali materiali di qualità puoi usare?
La quantità di informazioni che trovi sul web, una volta che hai focalizzato cosa ti serve, diventa una risorsa preziosa. Vivi nell’epoca della conoscenza, e può essere un vantaggio invece che una valanga che ti travolge. Selezionando quello che ti circonda, e fissandoti degli obiettivi, ottimizzi il tempo e le energie a tua disposizione.
Focalizzarsi, inoltre, significa dedicarsi allo studio concentrandosi su una cosa per volta, facendola bene. Hai bisogno di riflettere, rielaborare e soprattutto applicare quello che impari. Leggere 5 manuali di fila sulla fotografia, ad esempio, ti farà progredire molto meno che mettere in pratica passo-dopo-passo quello che trovi in ogni singolo capitolo di un libro.
La mente non è un vaso da riempire, ma un fuoco da accendere.
– Plutarco –
L’abilità di imparare a imparare è cruciale nello sviluppo della creatività e ti permette di adattarti alle situazioni che cambiano. Non preoccuparti però della quantità di informazioni a disposizione, saranno sempre di più di quelle che riuscirai a gestire. Concentrati su cosa scegliere e su come trasformarlo in conoscenza.