Dietro a ogni innovazione c’è una storia. Qualunque prodotto, invenzione, scoperta scientifica ha un passato che può essere raccontato. Molto spesso, tanto è straordinaria l’innovazione, altrettanto lo è il percorso che ha fatto per emergere. Ed ecco che il cinema non perde l’occasione per raccontarci grandi avventure imprenditoriali o scientifiche.
In un film, però, alcuni periodi di tempo vengono condensati e accelerati. Altri, sono eliminati del tutto. L’obiettivo è intrattenere il pubblico e, massimo in un paio di ore, l’intera faccenda deve essere risolta regalando grandi emozioni. Ed è giusto che sia così, neanch’io voglio appisolarmi mentre sono al cinema. Tuttavia, c’è un aspetto fondamentale che può rimanere sepolto dalla narrazione: l’innovazione non segue traiettorie lineari e nemmeno personali.
Un’idea, e poi la sua realizzazione, arriva come combinazione di molti fattori che, a volte, lo stesso innovatore non saprebbe identificare. Anche perché i grandi salti in avanti nell’arte, nella scienza e nel modo imprenditoriale, richiedono tempo. E più il tempo si allunga e più cose succedono attorno all’innovatore e dentro la sua testa.
Ecco 2 esempi.
La catena dell’innovazione
Nel 1936 Alan Turing pubblica un famoso articolo dove definisce la teoria che gli tornerà utile nel 1946 per costruire la Automatic Computing Engine (un computer primordiale). E tutto il mondo dell’informatica sentitamente ringrazia.
Se consideriamo che Turing avrà iniziato a pensarci un po’ prima del 1936, ne risulta un’orizzonte temporale di oltre dieci anni. Non sono pochi, giusto? Eppure lo sono. Allarghiamo la prospettiva: l’articolo di Turing (“On computable Numbers, with an application to the Entscheidungsproblem“) è stato scritto per risolvere un problema posto nel 1928 da David Hilbert e Wilhelm Ackermann. L’orizzonte temporale diventa quasi 20 anni.
E la vuoi sapere una cosa interessante? Nel 1928 Hilbert e Ackermann non avevano la minima idea di quanto quel problema avrebbe influenzato la nascita dei computer. Tra l’altro, i computer che conosciamo oggi non sono figli diretti dalla cosiddetta Macchina di Turing. E’ stata solo una tappa evolutiva. Bisogna arrivare al 1953 e al team capitanato da John Von Neumann per ottenere il primo calcolatore programmabile.
Inventare? No, combinare
Charles Darwin, con il suo libro L’origine della specie, è spesso citato come il padre dell’evoluzionismo. Questo potrebbe far pensare che prima di lui non fosse mai circolata l’idea che le specie si evolvono nel tempo. Invece, una parte del mondo scientifico si stava interrogando da tempo sui mutamenti della natura.
Lamarck, ad esempio, già nel 1809 (anno di nascita di Darwin) parla di organismi che si adattando alle condizioni ambientali. Qualche anno dopo, l’economista Malthus teorizza la “lotta per la sopravvivenza”, aggiungendo un altro tassello che influenzerà L’origine della specie. Tra l’altro, quasi contemporaneamente a Darwin, un naturalista gallese di nome Alfred Russel Wallace pubblica un articolo dove sostiene una teoria evoluzionistica molto simile a quella darwiniana.
Ad ogni modo, Darwin non è certo un approfittatore. Lui stesso riconosce che il concetto di evoluzione esisteva già, così come continua a perfezionare la sua teoria dopo aver pubblicato il primo libro. Il suo grande merito è aver organizzato una nuova teoria partendo da degli spunti preesistenti, aggiungendo elementi come la “selezione naturale” che l’hanno resa coerente e più completa dal punto di vista scientifico.
La teoria evoluzionistica attuale, inoltre, non finisce certo con Darwin. E’ la somma del lavoro di molti altri scienziati, da Gregor Mendel fino ai più recenti contributi di Ernst Mayr e Motoo Kimura (e si potrebbero citare molti altri nomi).
Da un protagonista a tanti personaggi
Le storie con un solo protagonista, e un singolo momento che cambia tutto, sono affascinanti. E, soprattutto, sono facili da raccontare e capire. Per la fiction vanno benissimo. L’innovazione, però, non funziona così.
Ogni idea nasce combinando elementi che già esistono. Ad esempio, sarebbe sbagliato pensare a Von Neuman come al padre del PC che sto usando per scrivere questo post. Altri scienziati e altre aziende hanno aggiunto il loro tassello, che poi qualcun’altro ancora ha unito in qualcosa che ha spostato i confini un po’ più in la. Se poi pensi che la prima antenata del computer è la cosiddetta macchina di Pascal (calcolatrice costruita nel 1642, hai letto bene: mille-seicento-quaranta-due), a sua volta evoluzione dell’abaco usato dai romani…
Tendiamo a considerare l’innovazione come un lampo improvviso. In realtà, assomiglia molto di più alla luce di un sole che sorge e che segue la sua traiettoria prima di raggiungere la massima luminosità.
Photo credit: EDSAC I, nearly complete, W.Renwick. Copyright Computer Laboratory, University of Cambridge.