Il pessimismo ha davvero una brutta reputazione. Se vuoi fare un complimento a qualcuno, l’ultima cosa che diresti è che vede tutto nero. Anzi, da un tizio del genere di solito ce ne stiamo alla larga.
L’ottimismo, invece, è quel bel paio di occhiali rosa con cui il mondo sembra ricco di opportunità fantastiche. Se hai in mente un progetto, scalpiti per metterti al lavoro. Se invece confidi le tue preoccupazioni a un’ottimista, ricevi in cambio una carica di energia positiva che ti rigenera.
Tutto fila liscio, no? Eppure, vorrei che tu dessi una chance anche al pensiero negativo. Il pessimismo, se “usato responsabilmente”, può migliorare la tua creatività. Al contrario, un eccesso di ottimismo può invece metterti nei guai. Vediamo come.
Il gioco della contentezza
Nel 1913 la scrittrice americana Eleanor Hodgman Porter pubblica Pollyanna, uno dei libri di maggior successo della letteratura per bambini. Negli anni seguenti diventerà un film Disney e poi un cartone animato che spopolava negli anni 80 (e ti posso dire che io c’ero). La protagonista, nonostante sia una bambina orfana affidata alla rigidissima e austera zia Polly, è il ritratto della felicità.
Non voglio spoilerare. Devi però sapere che Pollyanna inventa il “gioco della contentezza”, che consiste nell’essere sempre felici, qualunque cosa accada (per maggiori info vedi il video di seguito). Sottolineo “qualunque”, perché nella sua vita le disgrazie si abbattono con una frequenza insolita e piuttosto sadica. Senza dubbio, questa bambina è una delle campionesse del mondo di resilienza.
Un picco di zuccherosità.
Certo, i benefici del pensiero positivo sono innegabili. Una salute migliore, così come una maggiore probabilità di guarire da malattie gravi, sono ampiamente dimostrati dalla letteratura medica. Secondo numerosi studi, da un lato l’ottimismo influisce direttamente sul sistema immunitario, dall’altro è spesso accompagnato da stili di vita più sani (esercizio fisico regolare, dieta equilibrata, vita relazionale soddisfacente).
Tuttavia, la felicità ingenua, priva di qualunque atteggiamento critico, può anche essere problematica. Proprio ispirandosi alla nostra amica, gli studiosi hanno coniato il termine di sindrome di Pollyanna, un atteggiamento che può essere visto come un sostanziale rifiuto della realtà. Un problema grave tanto quanto il pessimismo che trasforma ogni dettaglio ridicolo in una minaccia.
Da un ottimismo ostinato di questo tipo, che semplifica e banalizza ogni difficoltà, possono nascere situazioni spiacevoli, da cui non si riesce nemmeno a ricavarne una lezione per il futuro. Ogni problema, che può generare ansia, viene nascosto sotto un bella coperta rosa e lo si ignora del tutto.
Il posto dove più fiorisce l’ottimismo è il manicomio.
– Havelock Ellis –
Senza sconfinare nella patologia, quello che conta è ricordarsi che si può sempre prendere una cantonata. Le più rosee aspettative devono essere accompagnate dai fatti.
Ci devi credere (?)
Ora, non vorrei essere frainteso. L’ottimismo è importante, perché la tua motivazione si nutre di fiducia. La convinzione che quello che stai facendo andrà bene (o meglio) è il primo mattone su cui puoi costruire qualunque cosa. Nel tuo progetto ci devi credere, altrimenti tutto crolla.
E’ l’ottimismo ingenuo a essere pericoloso: ci si butta a capofitto in situazioni insensatamente rischiose oppure, difronte a un risultato mediocre, non si sente il bisogno di rimettersi al lavoro. Una fiducia sproporzionata fa pensare che tanto tutto si aggiusterà.
C’è una retorica insistente, sopratutto in ambito business, attorno all’ottimismo del buttarsi a testa bassa. In alcuni gironi del mondo delle startup e dell’innovazione prende le forme di una vera e proria narrazione. Una fiducia ingenua nelle possibilità offerte dalla tecnologia, scandita da un lungo carosello di “gente che ce l’ha fatta”, è spesso un contorno in cui nascono, e poi franano, molte nuove imprese. Una specie di sindrome di Pollyanna che porta a semplificare le difficoltà e le competenze necessarie per superarle.
Non è facile restare insensibili al gioco seduttivo della versione fanatica del pensiero positivo. L’entusiasmo può essere contagioso e spostarti verso l’euforia del “fallo e basta”.
Il pessimismo che ti salva dal pensiero positivo
Siamo tutti un po’ frastornati dallo strombazzamento continuo a proposito del pensiero positivo. Negli Stati Uniti è un concetto chiave su cui si basano una bella fetta dei manuali di crescita personale scritti negli ultimi 30 anni. Da qui, probabilmente, deriva l’influenza enorme che questi concetti hanno anche sui nostri guru italiani, che spesso prendono a mani basse da quello che succede oltreoceano.
Tecniche come la visualizzazione di immagini e di situazioni positive si trovano applicate ovunque, dal management allo sport. Ed è indubbio che abbiamo un ruolo nel creare forti motivazioni. Sono molto meno affidabili, invece, quando si rivestono del potere di creare il successo. Il rischio di generare illusioni diventa molto forte. Penso a suggestioni del tipo: visualizza mentre sollevi la coppa al cielo, dopo che hai giocato una partita perfetta, e prova la gioia della vittoria…
Autoconvincersi è un attimo.
Una psicologa dell’Università di New York, Gabriele Oettingen, ha studiato a fondo il fenomeno e ha raccolto le sue riflessioni nel libro Rethinking positive thinking. Anni di esperimenti hanno dimostrato come l’immaginazione positiva aiuti a ispirare le persone, riducendo però allo stesso tempo l’energia che mettono nel raggiungere il risultato. Ci si rilassa, insomma, e così si hanno meno probabilità di ottenere il successo che si cerca.
Sognare di avere un fisico perfetto, un’azienda di successo, un’abilità straordinaria a suonare la chitarra, sono tutte cose che ti mettono di buon umore. Ti fanno sentire bene e in qualche modo ti spingono ad agire. Concentrarti solo sugli aspetti positivi, però, ti distrae da quelli negativi (e non è detto che sia sempre un bene). Ignori o sottovaluti la fatica di seguire un programma di allenamento, oppure di gestire la parte amministrativa di un’azienda o di esercitarti ogni giorno per molte ore. Ma saranno proprio questi gli ostacoli che dovrai saper affrontare se vuoi raggiungere il tuo obiettivo. Meglio pensarci subito.
Pessimismo? No, chiamalo realismo
Non sono pessimista, sono realista. Questa è più o meno la frase con cui sono stato liquidato da un mio amico in una discussione sull’opportunità o meno di avviare un progetto.
Involontariamente, mi ha fornito un assist. E’ proprio questo il punto: usare il pensiero negativo per esplorare tutti gli aspetti della realtà che dobbiamo affrontare. Senza esagerare nelle tinte fosche oppure nella vivacità di colori accecanti (può esserti utile la tecnica dei 6 cappelli per pensare di De Bono).
Il pessimismo è pericoloso solo se induce alla resa; ma altrimenti il male lo fa l’ottimismo e il tranquillismo che inducono a non far niente.
– Giovanni Sartori –
In conclusione
Oggi ho maltrattato (provocatoriamente) un certo tipo di ottimismo, cantando le lodi del pensiero negativo. Ho voluto usare il termine “pessimismo” per riferirmi alla capacità di restare lucidi e prevedere quello che andrà storto. Senza farsi spaventare, ma senza nemmeno cedere a quanto di bello e di buono vorremmo che accadesse.
Applicare il pensiero negativo ti aiuta in 2 modi:
- sei più capace di superare le difficoltà perché hai preso una decisione più consapevole
- perfezioni la tua idea/progetto perché parti già pensando a delle soluzioni concrete per superare eventuali problemi
La Dott.ssa Oettingen parla di “mental contrasting”, una tecnica per restare con i piedi per terra e pianificare le proprie scelte. In sintesi, credere in un obiettivo è fondamentale (altrimenti nemmeno ti metti in cammino), però è altrettanto importante riflettere sui passaggi da fare per raggiungerlo e sui possibili ostacoli che ti aspettano.
Se il pensiero positivo ti proietta sul successo a lungo termine, il contrasto mentale ti porta invece a ragionare sul medio periodo, agendo in modo più efficace. Sembra ovvio, ma non è scontato avere una strategia chiara e completa, con tanto di guai e possibili soluzioni.
Non deve essere un piano scritto sulla pietra, perché altrimenti addio creatività. Serve flessibilità e apertura mentale, contando però su una buona preparazione agli imprevisti. E’ così che i sogni diventano realtà.