La solitudine è una condizione a cui spesso associamo sensazioni negative. Pensiamo a una persona isolata dagli altri e in qualche modo triste o annoiata. Essere soli, per qualcuno, equivale a una mancanza, a uno stato da superare il prima possibile tornando in mezzo alle persone.
La società umana e la stessa nostra vita è fatta di relazioni. Siamo animali sociali, dopotutto. E quando non siamo fisicamente circondati dalle persone, siamo connessi attraverso la tecnologia. Social media, cellulari, email hanno infatti allargato le possibilità delle interazioni umane.
Sembrerebbe quindi poco attuale affermare il valore della solitudine, quando invece è una condizione indispensabile per stare bene e vivere una vita ricca e stimolante. Oggi ancora di più di qualche anno fa.
Essere da soli non è sentirsi soli
Il nodo da districare è questo: la solitudine ci mette a disagio solo quando ci sentiamo soli. Starsene per i fatti propri, ogni tanto, non significa rifiutare la società. Non corriamo nemmeno il rischio di essere messi da parte. Il bisogno incessante di essere sempre in mezzo alle persone dovrebbe far preoccupare tanto quanto il suo opposto.
La solitudine è come una lente d’ingrandimento: se sei solo e stai bene stai benissimo, se sei solo e stai male stai malissimo.
– Giacomo Leopardi –
Ma oggi non ti parlo di disagio sociale o degli hikikomori (parola giapponese che definisce le persone che raggiungono un livello estremo di isolamento). Per solitudine intendo una pausa dal mondo che ti circonda, un momento di raccoglimento con i tuoi pensieri. Prendersi i propri spazi, infatti, ha dei benefici psicologici dimostrati (su tutti, riduce lo stress e l’eventuale senso di frustrazione).
La più felice di tutte le vite è una solitudine affollata.
– Voltaire, François-Marie Arouet –
Quando la mente ha bisogno di silenzio
Essere da soli è una straordinaria opportunità per chiarirsi le idee e focalizzarsi su quello che riteniamo prioritario. E’ come quando decidi di rimettere in ordine una stanza: metti tutto al suo posto e, magari, ne approfitti per cambiare qualcosa.
Nella solitudine, il cervello si resetta e valuta meglio quello che è successo nel corso della settimana o della giornata. Se stai lavorando a un progetto, anche se fai parte di un gruppo, hai bisogno di rielaborare la tua esperienza. E’ un passaggio necessario per diventare più consapevole di come procede il lavoro oppure per domandarti come risolvere eventuali intoppi.
A volte, soffriamo la pressione del gruppo e veniamo trascinati/ci facciamo trascinare in una direzione senza porci troppe domande. Oppure stiamo zitti per non fare brutte figure, pensando di avere avuto un’idea stupida (come a volte succede anche nei brainstorming). Il nostro contributo potrebbe diventare così un semplice atto di adesione al volere della maggioranza, oscurando potenziali soluzioni creative. Insomma, una testa pensante fa sempre comodo (a te e al gruppo).
Solitudine significa concentrazione
Lavorare in gruppo è spesso fantastico. Condividi quello che succede e ti sorreggi a vicenda con i tuoi compagni di avventura, soprattutto se esiste un vero spirito di squadra. Anche un compito noioso, se fatto in compagnia, diventa meno pesante. Hai l’occasione di ridere e scherzare, così come di alleggerire il peso di un momento difficile.
Tutto molto giusto. Però, a volte, questo diventa un intralcio. Hai presente quando ci si trova tutti insieme per studiare prima di un compito in classe o di un esame all’università? Se sei in un gruppo che supera le due persone probabilmente sarà divertente, ma quante volte finisce che si fa tutto meno che studiare?
Senza una grande solitudine nessun serio lavoro è possibile.
– Pablo Picasso –
Lavorando da soli, senza interruzioni, è più facile concentrarsi ed essere produttivi. A volte si arriva al paradosso che da soli si riesce a fare quello che in due sembra impossibile, oppure ci si mette meno tempo. Sembra un’eresia in tempi dove il team working è sacro e intoccabile. E infatti, mica ti dico che non serve. Coordinare un gruppo però non è semplice, e non basta sedersi tutti insieme a un tavolo per aumentare le risorse a disposizione.
Quando la solitudine significa creatività
La creatività nasce spesso da un momento solitario. Einstein, ad esempio, si concedeva lunghe passeggiate in compagnia dei suoi pensieri. Mozart amava comporre musica da solo. Dylan Thomas ha scritto un intero libro di poesie (Twenty-five poem, 1936) ritirandosi in una piccola casa sul mare. Gli esempi di introversi famosi sono infiniti. L’arte e la scienza devono molto a paesaggi solitari, stanze vuote e allontanamento dalle distrazioni del mondo.
Gli psicologi Mihaly Csikszentmihalyi e Gregory Feist hanno studiato le vite delle persone più creative (in diversi campi, non solo artistici) e spesso hanno rilevato come fossero abbastanza introverse da passare molto tempo da sole a riflettere.
Se stiamo bene da soli, di solito, siamo meno sensibili alle pressioni del gruppo. Sentiamo meno la paura di essere abbandonati dai nostri punti di riferimento, perché prendiamo più energia da noi stessi che da chi ci circonda (al contrario degli estroversi). Introversi non significa, infatti, timidi e sottomessi. Anzi, generalmente i creativi solitari hanno forti personalità e perseguono i propri obiettivi con determinazione, dimostrando anche una certa abilità a ottenere il consenso delle altre persone e a muoversi nel mondo (se pensate a Bill Gates…).
Bill Gates senza stile Fosbury.
La contemplazione dei propri pensieri favorisce l’emergere di nuove idee. Si tratta di una solitudine volontaria e costruttiva, che lascia spazio al pensiero creativo. Da soli, si riesce a entrare in contatto con la propria intuizione e le si lascia il tempo di crescere in un “ambiente protetto” da intrusioni.
Coltivare la solitudine creativa
Banalizzando: la vita di relazione è importante ma consuma le tue energie mentali. Prenditi dei momenti per svagarti con i tuoi pensieri e ricaricare le batterie. Dai una forma concreta a questo momento, trasformandolo in una routine. Ad esempio, fai una breve passeggiata tutte le sere, oppure concediti una mezz’ora con la tua musica preferita.
Prenditi sempre il tempo per pensare, senza fretta. Nel momento in cui hai un’idea e ti si presenta un plotone di esecuzione, fatto di frasi killer e consigli spassionati di lasciar perdere, sei fortemente tentato di battere in ritirata. Magari inizi a negoziare al ribasso e “normalizzi” la stravaganza dell’idea, avvicinandoti verso uno standard condiviso (a volte mediocre). Peccato, no?
Se la tua idea è ancora in embrione, aumenta il rischio che tu – spontaneamente o su pressione esterna – decida di buttarla nel cestino. Certo, dal confronto positivo tra le persone escono idee spesso più forti e vincenti. Sarebbe assurdo sostenere il contrario. Ogni cosa, però, ha bisogno di tempo e condizioni favorevoli per maturare.
Questo articolo racchiude in parole semplici una verità che troppo spesso si tende a dimenticare, perché senza momenti di “pausa” non c’è spazio nemmeno per i ricordi. Qui trovo sempre dei bellissimi spunti di riflessione. Grazie
Ciao Valentina!
Grazie a te per il commento, mi fa davvero molto piacere. Credo che pause e silenzi siano fondamentali per riorganizzarci e capire meglio chi siamo e cosa vogliamo fare, e vale per noi stessi come per un progetto in cui ci stiamo impegnando. Questi momenti ci aiutano anche a essere concentrati e produttivi. Spesso riempiamo ogni spazio con il “rumore” soltanto per rinviare un’azione o una decisione.